Dopo la pausa estiva e i campi scuola, le attività e le propposte del gruppo giovani diocesano sono tornate a pieno regime.
Per facilitare tutti i giovani/adulti che vorranno aderire all’iniziativa annuale, è’ stato predisposto un calendario che accompagnerà il gruppo per tutto l’anno, e in cui sono stati inseriti sia gli appuntamenti  del gruppo aventi  cadenza mensile (solitamente la 3^ domenica del mese) sia appuntamenti diocesani (dell’Azione Cattolica o della Pastorale Giovanile) a cui il gruppo è invitato a partecipare.

Prima novità della proposta è che il gruppo sarà “autogestito”, con la guida di alcuni e la collaborazione di tutti, nonchè con la guida spirituale di Padre Serge e di don Andrea Cesarini, assitente diocesano dell’ A.C. . L’ulteriore “novità” è la scelta del nome del gruppo, da quest’anno “GIOVANI/ADULTI”. La scelta è derivata dal fatto che di fatto il gruppo è vissuto da diversi adulti, in quanto superato la fatidica soglia dei 30 anni.

Si è quindi scelto di ripartire proprio da qui, riflettendo in primis proprio sul fatto di sentirsi ancora giovane o già adulto. Un’autoanalisi e una riflessione su cosa o sul perché si faccia parte di una o dell’altra “categoria”, se così s vuol chiamare.

La discussione ha portato qiundi alla costatazione di fatto su come la società moderna abbia dilatato in modo molto ampio quel periodo che intercorre per il passaggia da una fase all’altra della vita; alla creazione di tante sottocategorie dove collocarci in fasi e pseudo-fasi della vita, forse solo con lo scopo di sfuggire alla consapevolezza della maturità raggiunta con il pericolo palese di voler rimanere in una eterna adolescenza. Da qui moltissimi interrogativi.

Per noi cosa determina quel passaggio? E’ solo una questione anagrafica? Per l’AC a 30 anni si è adulti, ma la realtà non è così automatica. E’ il numero di esperienze vissute che porta a definirsi adulti? Naturalmente chi ha più anni avrà naturalmente un bagaglio di esperienze vissute in più. E’ l’esuberanza fisica? Già qualche anno in più in meno ci fa sentire che il corpo risponde in modo diverso e anche psicologicamente man mano si è portati ad accogliere con più difficoltà novità e nuove sfide.

Siamo spesso più restii a nuove avventure e a rimetterci in gioco perché c’è la consapevolezza che questo può talvolta comportare di disfare ciò che si è costruito nel corso del tempo: quell’impalcatura che siamo riusciti a mettere in piedi dal punto di vista personale, intellettuale, professionale e sentimentale.

Essere giovani vuol dire forse avere la possibilità di disegnarsi il proprio progetto di vita, iniziare a raccogliere i materiali e pensare come meglio impiegarli e ordinarli. Iniziare a fissare delle fondamenta prima mettendo qualche paletto e poi man mano aggiungendo qualcosa fino a creare qualcosa di nostro.

Una costruzione che più in là sarà difficile poter o dover distruggere se non con tanta fatica e dove spesso vorrebbe dire ripartire da zero. E’ plausibile mettere in cantiere qualche variante, ma sempre lasciando il progetto principale inalterato e plausibilmente c’è sempre comunque spazio per qualche abbellimento e miglioramento.

Dopo ampia discussione si è quindi giunti alla ragionevole conclusione che è importante che l’essere giovani comporta che si è nel tempo per progettare la nostra vita,mentre una volta assestato questo progetto (da adulti) il medesimo progetto dovrà essere messo a disposizione come esperienza ed esempio per gli altri perché i nostri sforzi non vadano persi nello scorrere del tempo e in n modo tale che il nostro essere Adulti possa divenire riferimento ed “enciclopedia” per chi a sua volta sta progettando o costruendo la propria vita.